Causalità

Lacan nel Seminario XI dice che abbiamo una causa solo dove c’è qualcosa che non funzione, dove i conti non tornano. L’esempio più classico è la scoperta di Plutone nel 1930. Gli astronomi sapevano che lì ci doveva essere qualcosa perché i conti non tornavano, c’erano delle irregolarità di calcoli e lì ci doveva essere una causa di queste alterazione. C’era qualcosa che causava queste irregolarità, una “zoppicazione”. Se c’è qualche strappo nella linearità della concatenazione tale strappo deve essere sempre riconducibile, ovvero, deve sempre essere ricondotto ad una causa.

Dal punto di vista scientifico la causalità è una nozione estensiva (res cogitas e res esxtensia), è sempre pensata sul piano spaziale, i corpi sono concatenati tra loro. È nel corpo che il discorso scientifico può trovare una causa. Questa è la prospettiva che consente alla scienza di trovare una causa dell’autismo. Ricerca di cause che per l’impostazione scientifica possono essere trovate solo sul piano estensivo, nel corpo, nel cervello.

Quando Lacan parla di beance causale non parla più di una causalità sul piano estensivo. C’è uno spostamento concettuale radicale. Non è più il problema causalità organica/causalità psicologica che è sullo stesso piano spaziale. Proiettiamo sulle concezioni spaziali. La pulsione non ha una definizione estensiva, non ha una proiezione sul piano estensivo. La causalità viene concepita sul piano scientifico. In questo caso la causalità non è sul piano spaziale ma sul piano temporale.