La filosofia è una battaglia contro l’incantamento del nostro intelletto

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I problemi filosofici, nascono dal fraintendimento della logica del nostro linguaggio, e si risolvono  penetrando l’ operare del nostro linguaggio in modo da riconoscerlo: contro una forte tendenza a fraintenderlo. I problemi si risolvono non già producendo nuove esperienze, bensì assestando ciò che da tempo ci è noto. La filosofia è una battaglia contro l’incantamento del nostro intelletto, per mezzo del nostro linguaggio. (109)

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Quando i filosofi usano una parola – “sapere”, “essere”, “oggetto”, “io”, “proposizione”, “nome” – e tentano di cogliere l’ essenza della cosa, ci si deve sempre chiedere: Questa parola viene mai effettivamente usata così nel linguaggio, nel quale ha la sua patria ? – Noi riportiamo le parole, dal loro impiego metafisico, indietro al loro impiego quotidiano. (116)

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Una delle fonti principali della nostra incomprensione è il fatto che non vediamo chiaramente l’ uso delle nostre parole. – La nostra grammatica manca di perspicuità. – La rappresentazione perspicua rende possibile la comprensione, che consiste appunto nel fatto che noi ‘vediamo connessioni’. Di qui l’ importanza del trovare e dell’ inventare membri intermedi. Il concetto di rappresentazione perspicua ha per noi un significato fondamentale. Designa la nostra forma rappresentativa, il modo in cui vediamo le cose. (E’, questa una ‘visione del mondo’?) (22)

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Quando pensiamo che la macchina abbia già in sé, in qualche modo misterioso, i suoi possibili movimenti ? – Bene, quando filosofiamo. E cosa ci induce a pensare così ? Il modo e la maniera in cui parliamo delle macchine. (194)

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Spesso, in filosofia, confrontiamo l’ uso delle parole con giuochi, calcoli condotti secondo regole fisse, ma non possiamo dire che chi usa il linguaggio non possa non giocare tale giuoco. (81)

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Noi non siamo consapevoli dell’ indicibile diversità di tutti i giuochi linguistici quotidiani, perché i panni con cui li riveste il nostro linguaggio li rendono tutti eguali. Ciò che è nuovo (spontaneo, ‘specifico’) è sempre un giuoco linguistico. (2, XI p. 293)

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Quando filosofiamo siamo come selvaggi, come uomini primitivi che ascoltano il modo di esprimersi di uomini civilizzati, lo fraintendono e traggono le più strane conseguenze dalla loro erronea interpretazione. (194)

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quella proposizione sembra strana soltanto se immaginiamo per essa un giuoco linguistico diverso da quello in cui effettivamente la impieghiamo. (195)

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Ciò che mi propongo di insegnare è: passare da un non-senso occulto a un non-senso palese. (464)

Fonte: Ludwig Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino, 1999