Psicoanalisi applicata al disagio scolastico

Freud concepì la psicoanalisi come una pratica in grado di adeguarsi al rigore, al linguaggio e ai fondamenti empirici della scienza.

Tuttavia, allo stesso tempo, volle dare impulso ad un moto creativo in grado di facilitare il confronto con quanto nella vita di ciascuno di noi è indefinibile, incalcolabile.

La parola laboratorio, sembra in grado di esprimere quel confine che definisce il luogo della psicoanalisi: luogo sia di rigorosa osservazione e di continua verifica della teoria, come accade nella pratica scientifica, luogo sia di invenzione e costruzione di nuove soluzioni e di tensione critica, come accade nel campo dell’arte.

Freud sostiene che governare, curare e insegnare sono tre mestieri impossibili.

Per rendere meno impossibile il mestiere dell’insegnamento, l’insegnante dovrà far sì che lo studente trovi il modo di sapersi insegnare da solo: sarà efficace quell’insegnamento in cui il docente fa passare la sua carica desiderante.

La psicoanalisi può sostenere gli insegnanti, i professori, a saper leggere ciò che si nasconde in una classe irrequieta, difficile, turbolenta: una classe che in realtà vuole domandare, vuole essere riconosciuta.

Gli ostacoli nel percorso scolastico sono segnali e causa di sofferenza per i ragazzi, ma anche per la famiglia.

Si creano vere e proprie matasse in cui si perdono i fili e in cui ogni movimento stringe ulteriormente il nodo.

C’è l’obiettivo di acquisire un titolo di studio, ma le cose a scuola possono andare male: anni scolastici non superati, problemi di disciplina che compromettono il lavoro scolastico, frequenze irregolari delle lezioni, a volte somatizzazioni e disagi diversi.

I genitori allarmati, irritati e colpevolizzati focalizzano il rapporto con il figlio sulla questione-scuola, e  il ragazzo, disorientato, non sa dove mettere mano, non sa dove appoggiarsi…

Il primo sostegno che può essere dato al ragazzo è quello di riconoscerlo come soggetto, unico e irripetibile, con la sua carica desiderante mortificata e nascosta sotto i sintomi del suo disagio.

È solo dopo che si potrà verificare la potenzialità del suo progetto (desidero diplomarmi, lasciare la scuola, cambiare tipo di studi…). Poi si riconosceranno le difficoltà concrete (non riesco a stare in classe, non riesco a concentrarmi, ho paura delle verifiche, non riesco a svegliarmi in orario, sto male…).

Da ultimo si costruirà una rete di sostegno per il ragazzo, capace di coinvolgere i genitori, gli insegnanti.