Mito e logos (parte 1)

Il “Mito” in quanto narrazione “meravigliosa”, certamente non pretende d’essere preso alla lettera . L’etimologia esatta di “mitos” ci è ignota; certo si sa che essa veniva usata con il significato di “parola”, anche se sembra impossibile ripercorrere la sua storia e quindi individuare la sua esatta origine etimologica. Anche il termine “logos” ha come significato “parola”.

Ma “mitos” e “logos” avranno due storie diverse: la prima sarà relegata nell’ambito del favoloso, del non “esatto”, la seconda, invece sarà eletta a rappresentare la chiarezza conoscitiva della ragione.

L’etimologia del termine “logos” ci è nota, essa dovrebbe derivare da “raccogliere” anche se, come osserva il noto filologo W. F. Otto << questo significato è secondario: la raccolta presuppone la scelta, ed  è in quest’ultima che dobbiamo riconoscerne il significato originario, vivente in tutte le formazioni >>[1]. Questo termine, dunque, ci indica la “parola” raziocinante, la parola originatasi dal pensiero, dalla riflessione, da ciò che è consequenziale, da ciò che ha senso; ma ogni “scelta” è soggettiva, ed è questa “soggettività” che costituisce la vera natura, l’essenza nascosta, il “proprio” di quello che ad un primo sguardo sembra così convincente, così invincibile: la limpida schematicità di un discorso “esatto”. Questa presunta “oggettività” non deve farci cadere, come spesso accade, nella  grave dimenticanza: << che noi creiamo la verità che veniamo a conoscere >>[2].

A tal proposito il Vico intenderà il linguaggio fantastico, che parla attraverso le sostanze inanimate, frutto dell’immaginazione divina (-bestiale), come la concretizzazione proprio della logica poetica; “logica” deriva da “logos” dirà nella Scienza nuova , che significò “favola” << e la favola da’ greci si disse anco ‘mytos’>>[3]. Per quanto riguarda il termine “mytos”, << [c]on esso non si intende qualcosa di ponderato, calcolato, sensato. Il significato di questo termine è assolutamente oggettivo: il reale, l’effettivo (in parola, naturalmente!) >> [4]. Esso non è né “esatto” né “inesatto”, esso è semplicemente “vero”. Bisogna però ricordare, che l’ispirazione fantastica lascia sì le sue tracce nella forma della poesia,  ma ciò non implica, assolutamente, che  Vico concepisca la poesia come un prodotto irrazionale per quanto riguarda il contenuto.


[1] W. F. Otto, Il volto degli dèi, Legge, archetipo e mito, a cura di G. Moretti, Roma, Fazi Editore,1996, pp. 52-53.

[2] G. Vico, Dell’antichissima sapienza italica, cit., p. 249.

[3]S.N., 401

[4] W. F. Otto, Il mito, cit., p.31 (la sottolineatura è mia)