Leibniz, necessità assoluta e necessità ipotetica

Fonte: G. W. Leibniz, Scritti filosofici, UTET, Torino, 1967, vol. I, pagg. 76-77

[…] Ma prima di procedere oltre bisogna cercare di risolvere una grande difficoltà, che può nascere dai fondamenti che abbiamo posto qui sopra. Abbiamo detto che la nozione di una sostanza individuale racchiude una volta per tutte tutto ciò che può accaderle e che, prendendo in esame quella nozione, è possibile scorgere tutto ciò che potrà con verità essere enunciato di essa, come nella natura del cerchio possiamo scorgere tutte le proprietà che se ne possono dedurre. Ma cosí potrebbe sembrare che vada distrutta la differenza tra verità contingenti e verità necessarie, che la libertà umana non abbia piú luogo e che una fatalità assoluta regni su tutte le nostre azioni, come su tutti gli avvenimenti del mondo. A ciò rispondo che bisogna distinguere fra il certo ed il necessario: tutti infatti sono d’accordo nell’ammettere che i futuri contingenti sono certi perché Dio li prevede, ma non per questo si ammette che siano necessari. Sennonché, dirò qualcuno, se una certa conclusione può essere dedotta in modo infallibile da una data definizione o nozione, essa sarà necessaria. Ora noi sosteniamo che tutto ciò che deve accadere ad una qualunque persona è virtualmente già compreso nella sua natura o nella sua nozione, come le proprietà nella definizione del cerchio. Certo, cosí la difficoltà sussiste ancora: per risolverla in modo rigoroso, dirò che ogni connessione o derivazione si verifica nelle verità eterne, quali sono quelle della geometria; l’altra, invece, non è necessaria che ex hypothesi, e, per cosí dire, per accidente, ma in sé stessa è contingente, perché il suo contrario non implica contraddizione. Questa connessione è fondata non già sulle idee pure di Dio o sul suo intelletto puro e semplice, ma sulle sue libere decisioni e sul sistema dell’Universo Veniamo a un esempio: poiché Giulio Cesare diverrà dittatore a vita e padrone della Repubblica e distruggerà la libertà dei Romani, questa sua azione è compresa nella sua nozione, e ciò perché noi supponiamo che è la natura della nozione perfetta di un soggetto, è quella di comprendere tutto, al fine che ogni predicato vi sia compreso, ut possit inesse subiecto[“affinché possa essere inerente al soggetto”]. Si potrebbe dire che non è in forza di questa nozione o idea che egli dovrà commettere quell’azione, perché essa gli conviene solo perché Dio sa tutto. Ma si insisterà che la sua natura o forma risponde a questa nozione e poiché Dio l’ha imposta a questo personaggio, gli diventa necessario soddisfarvi. Io vi potrei rispondere con l’argomento dei futuri contingenti, che sono reali solo nell’intelletto e nella volontà di Dio e, poiché Dio anticipatamente ha dato ad essi questa forma, è necessario che vi rispondano. […]