Leibniz e le monadi

Fonte: G. W. Leibniz, Scritti filosofici, UTET, Torino, 1967, vol. I, pagg. 274-275

1. La sostanza è un essere capace di azione. Essa è semplice o composta. La sostanza semplice è quella che non ha parti. La composta è l’unione delle sostanze semplici o delle monadi. Monás è un termine greco, che significa unità, o ciò che è uno. I composti o i corpi sono moltitudini: le sostanze semplici, le vite, le anime, gli spiriti sono unità. Ed è necessario che ovunque vi siano sostanze semplici, perché senza il semplice non vi sarebbe nulla di composto. Di conseguenza tutta la natura è piena di vita.

2. Le monadi, non avendo parti, non possono essere formate né disfatte: esse non possono cominciare né finire secondo natura, perché durano quanto l’Universo che potrà essere modificato ma non distrutto. Esse non possono avere figure, altrimenti avrebbero parti: una monade, perciò, non può in se stessa e nel momento essere distinta da un’altra che per qualità e azioni interne, le quali non possono essere altro che le sue percezioni (cioè le rappresentazioni, nel semplice, del composto o di ciò che è esterno); e le sue appetizioni (cioè le tendenze da una percezione all’altra), che costituiscono i princípi del cambiamento. La semplicità della sostanza, infatti, non esclude la molteplicità delle modificazioni, che devono trovarsi insieme nella stessa sostanza semplice e che devono consistere nella varietà dei rapporti con le cose che le sono esterne. é come un centro o punto, nel quale, per quanto semplice, si trovano una infinità di angoli, formati dalle rette che vi concorrono.

3. Nella natura tutto è pieno; ovunque vi sono sostanze semplici, effettivamente separate le une dalle altre, in forza di azioni proprie che cambiano continuamente i loro rapporti, e ciascuna sostanza semplice o monade separata, che costituisce il centro di una sostanza complessa (come per esempio di un animale), ed il principio della sua unicità, è circondata da una massa composta di una infinità di altre monadi, che costituiscono il suo corpo organico, proprio di quella monade centrale, seguendo le cui modificazioni quella monade si rappresenta, come in una specie di centro, le cose che le sono esterne. Questo corpo, poi, è organico, quando costituisce una specie di automa o una macchina della natura, macchina non solo nel tutto, ma anche nelle parti piú piccole che è possibile osservare. E poiché a causa della pienezza del mondo tutto è connesso, e ciascun corpo agisce su ciascun altro corpo, piú o meno a seconda della distanza, e per reazione ne viene modificato: ne deriva di conseguenza che ogni monade è uno specchio vivente, dotato di una attività interna, che si rappresenta l’Universo secondo il proprio punto di vista, ed è altrettanto regolata che l’Universo stesso. Le percezioni poi all’interno della monade nascono le une dalle altre in virtú delle leggi dell’appetizione o delle cause finali del bene e del male, che consistono nelle percezioni osservabili, regolate o no: cosí come i mutamenti dei corpi e i fenomeni esterni nascono in virtú delle leggi delle cause efficienti, cioè dei movimenti. Vi è cosí un’armonia perfetta tra le percezioni della monade e i movimenti dei corpi, un’armonia prestabilita fin dal principio tra il sistema delle cause efficienti e quello delle cause finali; ed è in essa che consistono l’accordo e l’unione fisica dell’anima e del corpo, senza che l’uno possa mutare le leggi dell’altra.

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Fonte: G. W. Leibniz, Monadologia e Saggi di Teodicea, Carabba, Lanciano, 1930, pagg. 21-23

1. La monade, di cui parleremo qui, non è che una sostanza semplice, la quale entra nei composti; semplice, vale a dire senza parti.

2. Bisogna che vi siano sostanze semplici dal momento che vi sono dei composti; poiché il composto non è che un ammasso, o aggregato, di semplici.

3. Ora, dove non si hanno parti, non c’è estensione, né figura, né divisibilità possibile. E queste monadi sono i veri atomi della natura, e, in una parola, gli elementi delle cose.

4. Cosí non si ha timore di dissoluzione, e non si può concepire alcuna maniera per la quale una sostanza semplice possa perire naturalmente.

5. Per lo stesso motivo non ve n’è alcuna per la quale una sostanza semplice possa naturalmente cominciare, poiché essa non potrebbe essere formata mediante composizione.

6. Cosí si può dire che le monadi non saprebbero aver un principio, né una fine se non tutto d’un tratto, cioè, esse non potrebbero aver inizio che per creazione e finire che per annientamento: mentre ciò che è composto comincia o finisce gradualmente.

7. Non è parimenti possibile spiegare come una monade possa venir alterata, o mutata nel suo interno da qualche altra creatura, dal momento che non potrebbe aver luogo alcuna trasposizione, né potrebbe concepirsi in essa alcun movimento interno che possa essere eccitato, diretto, aumentato o diminuito; il che è possibile nei composti, nei quali si hanno dei cambiamenti fra le parti. Le monadi non hanno finestre, per le quali possa entrare oppure uscire qualche cosa. Gli accidenti non potrebbero staccarsi, né passeggiare fuori dalle sostanze, come un tempo facevano le “specie sensibili” degli scolastici. Quindi né sostanza né accidente potrebbero entrare dall’esterno in una monade.